Esiste Dio?

Creazione di Adamo, 1511 (280x570) - Michelangelo Buonarroti-
Creazione di Adamo, 1511 (280x570) - Michelangelo Buonarroti-

Creazione di Adamo, 1511 (280 x 570)  Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina

La domanda del titolo dell’articolo affascina, fin dai primordi della filosofia, la mente dell’uomo che ha cercato in vari modi di darvi una risposta.

Tra le risposte che ha fornito la mente speculativa, noi ci occuperemo di quelle “razionali”, cioè di quelle che in ogni caso hanno una base filosofica e sono state appunto formulate da “signori filosofi”.

La prima prova razionale dell’esistenza di Dio è quella di S. Anselmo d’Aosta (1034 – 1109) che è passata alla storia del pensiero come quella “ontologica”. Cosa sostiene questa prova? Dio è l’essere più perfetto che la mente umana possa pensare: “O Signore, tu non solo sei ciò di cui non si può pensare nulla di più grande (non solum es quo maius cogitari nequit), ma sei più grande di tutto ciò che si possa pensare (quiddam maius quam cogitari possit) […]. Se tu non fossi tale, si potrebbe pensare qualcosa più grande di te, ma questo è impossibile.” Ora se questo è Dio, deve per forza anche esistere, altrimenti non sarebbe l’essere più perfetto che è possibile pensare. Questo sottilissimo ragionamento fu “smontato” dal grande filosofo illuminista Emanuele Kant (1724 – 1804) con un altrettanta sottilissima intuizione: cento talleri immaginari (i talleri era la moneta corrente ai tempi di Kant nello Stato prussiano) non sono diversi da cento talleri reali! Vale a dire: io posso pensare come mia proprietà una grande villa con venti stanze, con piscina ed idromassaggio e con ettari di giardino; essa non sarebbe diversa da una villa esistente nella realtà, ma non vuol dire che questa villa esista veramente. In poche parole, non tutto ciò che è pensabile è anche reale! Con buona pace di S. Anselmo e della sua “prova ontologica”!

Un’altra grande mente che si è cimentata a dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio è Tommaso d’Aquino (1225 – 1274) ed il suo ragionamento è passato alla storia come “Le cinque vie”, formulato nella celebre opera, sintesi della cultura medievale, “Summa theologiae”. Egli partendo da differenti aspetti della realtà – il movimento, la catena delle cause e degli effetti, la contingenza o caducità di tutto ciò che esiste, i gradi dell’essere e il finalismo che governa ogni cosa – individua appunto “cinque vie”, che sono come delle piste che conducono tutte ad un essere trascendente. Ognuno di queste vie rimanda ad una causa ultima, che non può far parte della “filiera” delle cause penultime, perché questa “filiera”, per quanto la possiamo considerare infinita, resta sempre limitata dal fatto che è incapace di darsi l’essere da sola, ma può solo riceverlo. Per questo motivo – sostiene il santo filosofo – le cause finite non possono rimandare ad altre cause finite. Occorre una causa infinita, capace di dare l’essere a tutte le cose che esistono e che non lo riceve da nessuno. Quest’essere, com’è facile intuire è ciò che Aristotele (384 a. C. – 324 a. C.) chiamava “Motore immobile” e Tommaso chiama, a seconda della “via” presa in considerazione, come la Causa prima, l’Unico, il Necessario, l’Essere dotato di ogni perfezione, la suprema Mente ordinatrice dell’universo. Anche queste prove furono destinate a naufragare.

David Hume (1711 – 1776) critica e vanifica razionalmente il rapporto causa – effetto ( su cui essenzialmente si basavano le “cinque vie” di Tommaso) perché esso non può essere conosciuto apriori, ma solo in base ad un’esperienza che non ha alcun fondamento oggettivo, che ci fa vedere gli eventi legati tra loro, ma che un domani potrebbe non essere più così. Dopo Hume, la teologia ha abbandonato le prove razionali dell’esistenza di Dio ed ormai non si propongono più, per cui l’esistenza di tale ente è basato più sul sentimento che sulla razionalità.

Cosa si può dire oggi su questo problema che assilla da 26 secoli l’uomo pensante: siamo esseri finiti o qualcosa di noi continuerà in un’altra dimensione? A questa domanda non è facile dare una risposta, anche perché la razionalità che si esprime nella scienza ha dei limiti: essa può dimostrare ciò che esiste, ma non può dimostrare ciò che non esiste. Facciamo un esempio: a chiunque risulterebbe poco agevole dimostrare che non esiste Giove Pluvio, l’araba fenice, la città di Atlantide, il mostro degli spaghetti volanti, il maghetto Harry Potter e le mille altre figure create dalla fantasia umana. Il grande logico matematico Bertrand Russel (1872 – 1970) per spiegarci questo meccanismo ha creato la famosa metafora della “teiera volante”. Seguiamo dalle stesse parole del filosofo questo sottilissimo ed efficacissimo ragionamento:

“Se io sostenessi che tra la Terra e Marte ci fosse una teiera di porcellana in rivoluzione attorno al Sole su un’orbita ellittica, nessuno potrebbe contraddire la mia ipotesi purché io avessi la cura di aggiungere che la teiera è troppo piccola per essere rivelata persino dal più potente dei nostri telescopi. Ma se io dicessi che, giacché la mia asserzione non può essere smentita, dubitarne sarebbe un’intollerabile presunzione da parte della ragione umana, si penserebbe giustamente che stia dicendo fesserie. Se però l’esistenza di una tale teiera venisse affermata in libri antichi, insegnata ogni domenica come la sacra verità e instillata nelle menti dei bambini a scuola, l’esitazione nel credere alla sua esistenza diverrebbe un segno di eccentricità e porterebbe il dubbioso all’attenzione dello psichiatra in un’età illuminata o dell’Inquisitore in un tempo antecedente”.

Ecco quello che succede quando si affermano proposizioni che non possono essere in alcun modo verificate: si cade nei paradossi e questo fanno le religioni che affermano tutto ed il contrario di tutto, tanto non avranno mai l’onere della prova. Allora dovrebbe essere il buon senso a farci capire ciò che è razionale da ciò che non lo è!

Cosa ci suggerisce il buon senso rispetto alla domanda se esiste o non esiste Dio? Una serie di “sospetti, che, se non sono la “pistola fumante”, poco ci manca! Perché Dio, se tutto era finalizzato alla comparsa di “homo sapiens” sulla Terra, pianeta periferico di una galassia periferica, la via lattea, crea duecento miliardi di galassie e, all’interno di ogni galassia, duecento miliardi di soli, intorno ai quali girano chissà quanti miliardi di pianeti e di satelliti? Non si mostra un Dio terribilmente “sprecone”? Perché Dio ha impiegato tutto questo tempo, dal “big bang” ad Abramo sono passati 14 miliardi di anni, per rivelarsi all’uomo? Non ci sorge il sospetto che questa “speciale relazione” ce la siamo immaginata noi? Vogliamo vedere cosa dice un gesuita, ex-astronomo del papa, George Coyne sul rapporto tra Dio e la nostra comparsa sulla terra?

“Avrebbe Dio potuto sapere se fosse stato solo immanente nell’universo e non trascendente? Avrebbe potuto sapere che noi saremmo apparsi sulla Terra dopo miliardi di anni dal Big Bang? No, non poteva saperlo. Non poteva sapere ciò che non era conoscibile e la comparsa degli esseri umani non è stata soltanto il risultato di processi necessari, ma di una mescolanza di caso e necessità e di un universo molto fertile. Dio sperava che noi un giorno saremmo esistiti. Potrebbe aver pregato perché diventassimo una realtà vivente. Ma non avrebbe potuto rendere necessario questo esito perché ha fatto un universo che non ci ha determinati solo attraverso processi di necessità. Se credo in Dio, se mi sforzo di capire il Dio che amo e che credo abbia creato l’universo, allora la natura stessa dell’universo ha qualcosa da dirmi riguardo a quel Dio”.

 Dopo queste affermazioni si capisce perché l’illustre scienziato sia diventato ex-direttore della Specola vaticana e sia stato dimesso con finti motivi di salute! L’ultimo “scoglio”, quello su cui tutti i pensieri religiosi naufragano miseramente: Se Dio è onnipotente e buono, come mai esiste il male nel mondo? Come mai esistono i terremoti, gli uragani, i maremoti, i vulcani, le alluvioni? Come mai nel 1962 ci fu il disastro del Vajont? Questo Dio che è così onnipotente da creare un universo praticamente infinito, poi si “blocca” davanti ad una piccola frana che in un attimo sotterrò migliaia di persone? Questo Dio, dovendo creare il mondo, era “necessitato”, per dir così, a crearlo con il male e la sofferenza? Ecco, mi sembra che alcune riflessioni di buon senso possano farci escludere che da qualche parte ci sia un Essere che badi a noi: non è logico né razionale! I biologi evoluzionisti fanno un’ipotesi molto interessante sul perché nella nostra mente si è innestato il pensiero religioso: esso ci ha favorito evoluzionisticamente. Praticamente tra un ominino “illuminista” che dietro un ramo spezzato immaginava solo una folata di vento e basta ed un ominino che dietro lo stesso ramo ipotizzava il passaggio di un predatore, l’evoluzione ha favorito quest’ultimo. La mente così conformata “dietrologicamente” ha accolto quasi naturalmente le religioni che si basano appunto su ciò “che non si vede”: prima religioni molto semplici come l’animismo, poi quelle più elaborate e sofisticate con la loro teologia e i loro dogmi. Il pensiero moderno è ormai avviato verso un’epoca post-cristiana e post-religiosa e non saranno certo i rigurgiti fondamentalistici di vari movimenti e gruppi religiosi a portare indietro le lancette della storia.

 

Vincenzo Caputo

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Vincenzo Caputo

Nato a Somma Vesuviana (NA) nel 1955. Laureato all'Università "Federico II" di Napoli in Filosofia con una tesi su Giulio Girardi, teologo e filosofo, impegnato a coniugare le ragioni della fede religiosa con la dottrina marxista. Dopo la laurea, si è inscritto alla Facoltà di Teologia "Duns Scoto" di Nola (NA), conseguendone il diploma. Per diversi anni è stato insegnante di religione cattolica nei licei. Attualmente insegna materie letterarie presso l'Istituto comprensivo "Radice" di Massa di Somma (NA). Coniugato con Rosetta Buonaguro da oltre trent'anni e padre di due figli, Armando e Viviana. Dopo anni di frequentazione e di impegno cattolico nei movimenti ecclesiali (in particolare il Movimento dei Focolari, fondato nel 1943 da Chiara Lubich), ha aderito al programma di ricerca dell'evoluzionismo di stretta osservanza darwiniana. Ultimamente il suo impegno intellettuale è rivolto ad affrontare su basi razionali l'annoso ed appassionante problema del confronto tra fede e scienza, propendendo decisamente per quest'ultima, come spiegazione "elegante" ed efficace dell'origine della vita sul nostro pianeta.

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2 risposte

  1. Ezio Tancini ha detto:

    In attesa di una sua risposta, caro professore, le ricordo (perche’ credo lo sappia gia’ bene) che ogni ipotesi sull’inizio dell’universo e’ poco significativa riguardo l’interrogativo “dal Caso da un Creatore?” Cio’ che impressiona gli scienziati e’ l’individuazione di una finalita’ sempre piu’ chiara dello stesso e le infinite combinazioni e connesiioni che determinano e tengono insieme infinita’ di relazioni, le quali denunciano una mente straordinariamente intelligente e una volonta’ precisa piuttosto che semplicemente la mera casualita’. Inoltre mi permetto un altro rilievo: lei cita Kant solo per la parte dedicata alla conoscenza a “priori” e non quella a “posteriori” dove la situazione si ribalta e ha datto spunto ad altri pensatori per dimostrare l’esistenza di Dio. D’altra parfte ho conosciuto diversi insegnanti di filosofia comunisti ed atei che queste cose non le insegnavano di proposito e forse ce ne sono ancora agiscono cosi.
    Cordiali saluti e Buon Anno!

    • Vincenzo Caputo ha detto:

      Guardi, le cito il parere di un grande scienziato, non ateo, ma cattolicissimo, quel padre George Coyne, gesuita, ex-direttore della specola vaticana, il quale, dopo aver detto queste cose, è diventato ex-direttore, dimissionato per finti motivi di salute. Senta cosa dice: ““Avrebbe Dio potuto sapere se fosse stato solo immanente nell’universo e non trascendente? Avrebbe potuto sapere che noi saremmo apparsi sulla Terra dopo miliardi di anni dal Big Bang? No, non poteva saperlo. Non poteva sapere ciò che non era conoscibile e la comparsa degli esseri umani non è stata soltanto il risultato di processi necessari, ma di una mescolanza di caso e necessità e di un universo molto fertile. Dio sperava che noi un giorno saremmo esistiti. Potrebbe aver pregato perché diventassimo una realtà vivente. Ma non avrebbe potuto rendere necessario questo esito perché ha fatto un universo che non ci ha determinati solo attraverso processi di necessità. Se credo in Dio, se mi sforzo di capire il Dio che amo e che credo abbia creato l’universo, allora la natura stessa dell’universo ha qualcosa da dirmi riguardo a quel Dio”. Quindi uno scienziato cattolico riconosce che nell’universo non c’è “progetto” e se non c’è progetto, significa che non c’è “progettista”! Ma le pare verosimile che un dio prima crei i dinosauri e poi li faccia estinguere per far posto ai mammiferi, da cui noi proveniamo? L’estizione dei dinosauri è un fatto contingente e l’universo ed il nostro pianeta non ci prevedevano. Mi dispiace, ma la scienza dice così…

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